E così qualche tempo fa ho finalmente aperto un file di word con un nome vero e proprio – Cappuccetto Rosso – e ho cominciato a scrivere. Avevo in mente un personaggio, Arturo. Sapevo molto di lui: sapevo che era di Torino, sapevo che aveva fatto l’Erasmus a Lisbona, e sapevo che si era sposato con Sara, e che insieme avevano avuto una figlia, Giulia. La prima volta che l’ho incontrato era in un bosco, davanti a una bambina simile a – appunto – Cappuccetto Rosso.
Da lì è nato tutto, da quel bosco, che è poi diventato il parco del Valentino. E da Arturo che va in commissariato a denunciare quella presenza.
«Dunque, ricapitoliamo: stava facendo una passeggiata vicino al parco del Valentino, erano più o meno le cinque del mattino, e l’ha vista. Una bambina vestita di rosso.»
«Esatto.»
«Aveva un mantello con un cappuccio rosso.»
«Sì, sì. Cappuccio rosso», dice Arturo quasi ansimando. «Alta più o meno un metro e dieci, un metro e venti.»
«Perfetto. E questa bambina cosa faceva da sola, di notte?» chiede il commissario fissandolo dritto negli occhi.
«Niente. Era lì. Aveva un cestino in mano. Sorrideva. Mi ha fatto ciao ciao con la manina».
Quando inizia il romanzo, Arturo sta camminando. Cammina per non pensare, cammina per capire qualcosa, cammina per rivivere ciò che l’ha portato fino a lì, fino a quel 5 di aprile in cui si è strappato la vita di dosso. Il 5 aprile, durante una pausa pranzo qualunque, non è più riuscito a respirare, ed è scappato. Dal lavoro e dalla famiglia.
A un certo punto ho conosciuto anche Sara. Sara, nonostante la fuga del marito, cerca di continuare la vita di sempre, fra lavoro e casa, ma soprattutto cerca di capire perché. Perché lui sia andato via, ma anche perché quell’assenza non le provochi disperazione ma solo stupore.
Ci sono giorni in cui trattengo il respiro fino a sera, fino alle nove, quando la metto a letto. Giorni nei quali faccio tutto, lavoro, cucino, sorrido, gioco e tengo ogni cosa sotto controllo. Ogni cosa. Non mi sfugge nulla.
Sono i giorni nei quali la mia anima, dentro, crolla.
E allora arrivo alle nove di sera come al traguardo di una maratona, e quando lei mi saluta con gli occhi già densi di sonno, io corro sotto la doccia e chiedo all’acqua calda di bollirmi le ossa, la pelle e i pensieri.
Esco da lì come sono nata, piena di grinze, e mi infilo nel letto desiderando solo il silenzio. Il silenzio totale, assordante, ghiacciato, avvolgente.
Una pausa di dieci ore dal prossimo «Mamma».
È con il suono di queste due voci che si svolge il romanzo, quella di Arturo e quella di Sara, più quella degli altri personaggi che fanno da coro greco, sempre, in ogni storia di ogni famiglia. E poi c’è Torino, Torino in primavera, con il suo cielo azzurro e le giornate che si allungano, i Murazzi e le loro mille storie, il centro e i suoi vicoli pieni di vita.
Inizia tutto il 5 aprile, ed è proprio quel giorno che Il resto è ossigeno sarà nelle librerie, pubblicato da Sperling & Kupfer.
È un romanzo che parla di un abbandono, ma parla anche di cosa ci fa stare insieme, di cosa ci porta a scegliere la vita che a volte ci sembra di non aver scelto. E parla di ossigeno.
«Quando si diventa grandi, quando si passa nel quadrante famiglia-lavoro, diventa tutto più difficile.
Tenere fisso lo sguardo verso il tuo centro di gravità aiuta.
Ma a volte ti dimentichi del resto, e quel resto in realtà serve per respirare.
Quel resto è ossigeno».
22 Commenti
Mi piace già.
…Speriamo!!! :-*
Ti ho seguito da aaaani.
Bellezzarara salvato tra i preferiti tre i “blogs”. pochissimi
Adesso ci siamo. Ho aperto youtube, fatto partire “Guarda in alto” e letto questo post.
Fighissimo veramente! pronto a spingerti e a organizzarti la “presentazione” su Bologna.
In bocca al lupo!!!! adesso, tocca a tutti noi!
🙂 Grazie Emanuele!!! E crepi il lupo!!!
leggerò presto il tuo libro! un caro saluto! Elisabetta
Grazie Elisabetta! Un abbraccio!
Amo come i tuoi pensieri prendono forma nelle parole, perciò so che amerò questo libro; soprattutto ora che passo almeno una o due settimane al mese in quel di Padova, sentendo la mancanza dell’ombra della Mole e la protezione delle montagne.
E poi la pubblicazione cade proprio in questo periodo in cui comincio a mettere piede in quel difficile “quadrante famiglia-lavoro”.
Mi piacciono le belle coincidenze, e questa mi sembra lo sia.
Alice
Ciao Alice, sono davvero felice che tu voglia leggerlo e spero proprio che ti piaccia!
Capisco perfettamente la mancanza che si può sentire di Torino…e che bella immagine quella delle montagne che proteggono!
Ti abbraccio
Vale.
Io saro’ la tua prima lettrice in scozia. le poche righe sono gia’ bellezza. un abbraccio.
Grazie cara! Che bello arrivare fino in Scozia!
Un abbraccio a te!
Stiamo aspettando 🙂
Vale, spero che ti piaccia!!!
Bacio!
Felice per questo tuo traguardo! Anche se non sono più su Facebook, continuo a seguirti qui.
Felice per te. Lo meriti
Francesca
Grazie Francesca!!! 🙂
non vedo l’ora di leggerti… 😉
Grazie mille Clodi! 🙂
Bellissimo!!!!! Me lo sono mangiato… Brava brava brava!!!! A quando il prossimo?
Laura, grazie! Scusami, non so perché, ho trovato solo ora questi commenti! Grazie mille!
Il prossimo…non lo so ancora 😀
Appena finito! Bellissima storia, complimenti!
Ciao Roberto! Grazie mille, vedo solo ora questo commento! 🙂
Grazie Valentina, GRAZIE!
Ho appena finito il tuo libro e già mi manca. Mi mancano Arturo e Sara, mi manca Giulia, così simile al mio cucciolo di sette anni, mi manca lo sguardo su Torino, così leggero e così vero.
Hai saputo dire le parole che avevo chiuse nel cuore a doppia mandata, un po’ Arturo e un po’ Sara, smarrito in quel recinto famiglia-lavoro-casa, che da essere bello e da essere una gabbia. Grazie di cuore.
Cristiano
Cristiano, grazie a te! Sono felice che ti sia piaciuto. Grazie di cuore! 🙂